Hanno suscitato scalpore negli ultimi giorni le parole di Vittorio Coletti, esponente dell’Accademia della Crusca Italiana, il quale ha espresso un’opinione favorevole riguardo l’utilizzo transitivo di alcuni verbi italiani di movimento tipicamente intransitivi come “uscire, “sedere” ecc. Utilizzo tra l’altro, molto produttivo nelle parlate delle regioni meridionali d’Italia e giudicato così da Vittorio Coletti: “Diciamo insomma che sedere, come altri verbi di moto, ammette in usi regionali e popolari sempre più estesi anche l’oggetto diretto e che in questa costruzione ha una sua efficacia e sinteticità espressiva che può indurre a sorvolare sui suoi limiti grammaticali”. Queste le dichiarazioni riportate dal Corriere della Sera seguite direttamente da un divisione tra due schieramenti contrapposti, ovvero sostenitori e oppositori. Non sono mancati i pareri di diversi studiosi in merito.
Da sempre la lingua italiana è stata oggetto di critica e di ricerca potremmo dire fin dai tempi di Dante, padre della lingua italiana per eccellenza, per arrivare a Manzoni e passando per Bembo, tutti ricorderanno la “famosa questione della lingua” o la “risciacquatura dei panni in Arno”, per non parlare dell’importanza che ha avuto la lingua italiana nella realizzazione dell’Unità d’Italia, anche se all’epoca l’italiano era appannaggio solo del 5% della popolazione. Ad ogni modo, la nostra amata lingua ha subito un processo evolutivo culturale importante grazie ai dibattiti portati avanti da vari uomini di cultura nel corso dei secoli.
Sorprende invece il persistere di un certo attaccamento alla “purezza” della lingua italiana sostenuta da certi linguisti e, in maniera più comprensibile, da alcuni profani del mestiere. “Purezza” appunto, che di fatto non potrà mai esserci nell’italiano così come in qualsiasi altra lingua che sia parlata nel mondo. La lingua infatti, oltre ad essere oggetto di studi scientifici e dunque sottoposta a determinati dettami e collocata entro determinate strutture, è anche un organismo storico-culturale, caratteristica che la differenzia da qualsiasi altro oggetto studiato scientificamente. In quanto tale, la lingua è una “creazione artistica” del parlante, così come sostenevano i maggiori rappresentanti della linguistica idealistica, fra i quali il nostro Benedetto Croce, e dunque è soggetta a cambiamenti che nella maggior parte dei casi sono imprevedibili e che possono orientarsi verso qualsiasi direzione. La lingua può cambiare anche a seguito di determinati eventi storici quali guerre, migrazioni di massa che possono provocare effetti disarmanti sull’identità di un popolo.
Le dichiarazioni dell’accademico della Crusca dunque, non devono assolutamente sorprendere in quanto testimoniano soltanto una presa di coscienza circa l’innovazione linguistica (una delle tante) in atto nell’italiano odierno, e di fatto non siamo nemmeno di fronte ad una “normalizzazione” grammaticale dell’uso specifico (transitivo) di tali verbi di movimento, come altri invece hanno fatto credere. I professori infatti potranno continuare a correggere e a ritenere agrammaticali frasi del tipo “esci il cane”, “siedi il bimbo” almeno per quanto riguarda l’italiano scritto.
In definitiva è importante che vi sia un sistema di regole, un corpus organico, una “langue” collettiva per dirla alla Saussure, dalla quale il parlante possa attingere materiale linguistico, e questo non va assolutamente messo in discussione, così come non va messa in discussione l’importanza di uno degli organi italiani più competenti in assoluto come l’Accademia della Crusca; tuttavia non va dimenticato che il parlante è piuttosto innovativo, spesso in maniera inconsapevole, in termini di cambiamento e innovazione linguistica. La lingua non potrà mai cambiare o rimanere immutata per via di un decreto legge o di un’imposizione accademica, lasciamo dunque al parlante libera iniziativa (il che non vuol dire non rispettare le regole) e facciamo in modo che egli sia l’artista di questo quadro in continua evoluzione chiamato lingua.
Alessio Agolino