Rito annuale di spensieratezza e di illusoria follia governato da desideri repressi, passioni impossibili, condizioni di vita a volte difficili, socialmente involute ed economicamente irrilevanti, vissuto in allegria, sregolatezza, irriverenza ed in modo anticonformista.
Non a caso la festa di carnevale precede nel mondo cristiano il periodo di riflessione e di penitenza: la quaresima. Un ritorno alla normalità dopo i giorni di follia del carnevale.
Il Carnevale diventa così la menzogna dell’io ma anche la menzogna della società perché costruita proprio per travolgere quell’equilibrio sociale che la quotidianità della vita ci impone. E’ anche vero che le sagre, i gruppi mascherati, i balli di piazza, i canti ci riportano nuovamente ad un senso comune di vita sociale ma è anche vero che quel senso si inebria e si immedesima nella maschera ritornando nella sregolatezza e nel caos sociale.
Ed è proprio nel rapporto tra la finzione sociale e la maschera che si costruisce il carnevale e trova ora come nel passato il senso della sua qualità sociale di dissacratore di regole e di denunzia sociale di costumi e modi di vita che nella realtà si vorrebbero diversi.
La finzione e la sregolatezza diventano così le regole di quella ribellione sociale che non c’è nei fatti ma che si vorrebbe che fosse. In questo senso prende corpo il vecchio detto che “la bugia non è altro che una verità in maschera”.
Questa condizione comune di ribellione e di visione illusoria la troviamo magari in forme e modalità diverse in tutti i paesi ed in tutte le nazioni diventando, sulla base del contesto culturale del luogo, la festa pubblica che siamo abituati ad assistere nel periodo di Carnevale.
Una storia, quella del Carnevale, che trova le sue radici innanzitutto nelle civiltà greca (dionisiache) e romana (i Saturnali) e che successivamente si è strutturata, via via nel tempo, nell’attuale festa pubblica a partire dal periodo medievale.