Un piatto particolare, semplice ma gustoso, tipico della cultura contadina piemontese proposta all’UNESCO per inserirla tra i beni immateriali dell’umanità.
Tra i piatti della cucina piemontese la bagna cauda è quello più caratteristico per la semplicità dei suoi ingredienti ma anche per singolarità nella presentazione, per il suo gusto particolare ed abbastanza saporito, per la sua convivialità.
Il piatto trova la sua origine nella tradizione contadina della popolazione delle colline di Langhe-Roero e Monferrato, utilizzato per tradizione durante la vendemmia come gratitudine per i vendemmiatori e poi durante tutto il periodo invernale per riscaldarsi quando la temperatura incominciava a scendere.
Si tratta di un piatto particolare per gli ingredienti utilizzati, aglio, olio ed acciughe salate, e per la modalità di consumarlo inzuppando nella salsa, appena pronta e servita nei “fujòt” (fornellini di coccio), o verdure crude come cardi gobbi di Nizza Monferrato, topinambur, cuori di cavolo bianco, indivia e scarola, peperoni freschi e sotto graspa, cipollotti crudi inquartati e immersi nel vino barbera, o verdure cotte come barbabietole rosse, patate lesse, cipolle al forno, zucca fritta, peperoni grigliati.
Il 7 febbraio 2015 la ricetta, depositata a Costigliole d’Asti con registrazione sottoscritta dal notaio Marzia Krieg, è stata proposta all’Unesco per inserirla tra i beni immateriali dell’umanità.
Le attrezzature necessarie per la preparazione ed il consumo della bagna cauda sono: un dian, tegame di terracotta, per la cottura; una s-cionfetta, scardino di coccio pieno di braci; un cucchiaio di legno per mescolarla; il “fujòt”, fornellino di coccio con sotto un lumino acceso, per consumarla.
La ricetta registrata e presentata all’UNESCO prevede i seguenti ingredienti calcolati per dodici persone: 12 teste di aglio, 6 bicchieri da vino di olio extra vergine di oliva, un bicchierino, se possibile, di olio di noci, 6 etti di acciughe rosse di Spagna.
Per prepararla bisogna innanzitutto tagliare a fettine gli spicchi d’aglio, precedentemente svestiti, privati del germoglio e coperti con latte fresco. Quindi il tutto viene messo all’interno del dian, tegame di coccio, con l’aggiunta di un bicchiere di olio per avviarne la cottura a fuoco molto basso, e con l’attenzione di mescolarlo costantemente con il cucchiaio di legno per evitare di fargli prendere colore. Appena avviata la cottura aggiungere le acciughe dissalate, diliscate, lavate nel vino rosso e asciugate, rimestandole delicatamente unitamente all’aglio. La salsa così composta viene ricoperta dal restante olio e portata a cottura a fuoco lento per circa una mezz’oretta evitando sempre di non farla friggere.
La salsa intingolo così pronta viene servita all’interno dei “fojòt” (fornellini di coccio), tenuta calda da un piccolo lumino acceso sotto al tegame e consumata inzuppandovi le verdure crude o cotte.
E’ usanza alla fine del conviviale raccogliere lo “spesso della bagna” per cuocervi un uovo strapazzato.
Nella tradizione contadina del Piemonte è usanza abbinare la bagna cauda alla polenta fritta o arrostita al forno oppure utilizzarla per condire alcuni piatti di pasta asciutta durante il periodo della Quaresima.
Foto: Nonna Paperina