La pandemia da covid sta creando nel tracciamento, nella diagnostica, nella comunicazione mediatica, nella strategia politico istituzionale del Parlamento e del Governo, nel convincimento personale di ciascuno, nel sistema economico nazionale e globale, atteggiamenti diversificati e contrastanti, un vero caos.
Le notizie di questi giorni stanno diventando per la gente comune motivo di preoccupazione e di incertezza non solamente per la salute di ciascuno ma anche per i riflessi economici, finanziari e sociali che la pandemia sta causando sul lavoro, sui consumi familiari, sulla produzione delle imprese e sull’economia nazionale in generale.
La conseguenza immediata del fenomeno pandemico è la creazione di nuove disuguaglianze sulla popolazione acutizzando le fragilità dei soggetti più deboli ed aumentando in modo esponenziale il numero dei poveri.
La lettura giornaliera dei dati sui contagiati da coronavirus, sui decessi, sui tamponi effettuati, sui soggetti positivi accertati rappresenta un corollario di informazioni che se da un lato ci mostra il livello di diffusione e la pericolosità della malattia dall’altro ci conferma quanto poca sia ancora la conoscenza del virus e conseguentemente quanta poca sia la conoscenza reale dei farmaci capaci di prevenire e curare la malattia.
Se alla preoccupazione aggiungiamo il disagio che ciascuno riscontra nelle strutture e nei servizi ospedalieri ci rendiamo conto di quanto deleteria ed esiziale sia stata la politica dei tagli di bilancio statale alla sanità pubblica.
Disagi che oggi si mostrano più appariscenti del passato per effetto della pandemia ma che sono stati incomprensibili e insopportabili nell’immediato passato quando per un posto letto in reparto si facevano e si continuano a fare lunghe attese al pronto soccorso o quando per una visita specialistica o semplicemente per una analisi, radiografia o altro servizio si è costretti a supportare attese defaticanti di mesi di prenotazione al CUP.
Molto spesso, soprattutto nei casi di vera necessità, il cittadino è costretto a rivolgersi alla sanità privata.
La questione pandemica ha scoperchiato il vaso di pandora evidenziando la fragilità del sistema sanitario nazionale in termini di strutture, di personale (medici, anestesisti, infermieri), di risorse investite, di organizzazione e di qualità dei servizi erogati.
Un vero caos logistico sta avvenendo per l’esecuzione dei tamponi prima e per la conoscenza del risultato poi, per il reperimento dei vaccini anti-influenzali, per l’insufficiente assistenza domiciliare per quei pazienti che hanno pochi sintomi o che presentano una sospetta infezione di Covid-19, per la carenza di presidi medico-chirurgici come disinfettanti, guanti, mascherine, camici, ecc., per la mancanza di una diagnostica di primo livello rappresentata, sul territorio, dai medici di base di medicina generale e pediatri per l’esecuzione di tamponi rapidi in caso di identificazione di asintomatici.
I DPCM predisposti per allentare la propagazione del virus diventano così rimedi importanti ma non sufficienti se alla base non sussiste un cambiamento responsabile e solidaristico che trovi le radici nell’etica sociale di cui deve essere permeata ogni società umana che si rispetti.
I sommovimenti di piazza da parte di facinorosi e irresponsabili certamente non aiutano a dare né serenità sociale né serenità economica.
Certamente la libertà reclamata dalle piazze può essere ottenuta solo se esiste la salute e questa può e deve essere garantita da un potere decisionale pubblico equilibrato che metta al centro delle proprie scelte la salute, sia collettiva che individuale, ed il riordino del Sistema Sanitario Nazionale come espressione di bene comune.
Senza la salute non esiste né il lavoro né tanto meno benessere economico e sociale.