La curiosità, il gusto del bello, la ricerca del senso storico e dei tratti architettonici, artistici, dei fregi e dei decori delle abitazioni sono tutti elementi che danno senso e valore al viaggiatore che si muove per conoscere luoghi, abitazioni, monumenti, paesaggi.
Un viaggio infatti è non solamente svago e divertimento ma anche occasione per approfondire le proprie conoscenze e per arricchire il proprio patrimonio culturale.
Tutto ciò giustifica il viaggio, la scelta di un luogo rispetto ad un altro, la compatibilità dell’interesse economico culturale del soggetto e quant’altro riesce a dare valore e senso alla visita.
E’ quello che accade da qualche anno verso una dimora venuta alla cronaca per la causale scoperta di disegni, scritte in arabo, una colorazione in blu cobalto delle pareti, a cui sono stati attribuiti diversi nomi come la “Camera delle Meraviglie”, la “Stanza Araba” o la “Stanza Blu”.
Il luogo è all’interno di uno dei palazzi di Palermo lungo le strade, poco conosciute, del quartiere popolare dell’Albergheria, precisamente in via Porta di Castro 239, tipico per il contrasto tra le sontuose dimore che si affacciano su via Maqueda, via elegante della città, e le abitazioni che stanno dietro il corso, all’interno del quartiere, dove figurano i disastri dei bombardamenti della seconda guerra mondiale che, ad oggi, non sono stati ancora rimossi.
Nella zona troviamo l’Università e uno dei mercati tipici di Palermo quello di Ballarò, nella parte di nord ovest, due dei più conosciuti edifici della città San Giovanni degli Eremiti e Palazzo dei Normanni.
Questo piccolo gioiello di arte orientale siciliana è stato scoperto casualmente nel 2003 a seguito dei lavori di ristrutturazione dell’edificio secentesco, uno dei tanti edifici del quartiere, quando scrostando l’intonaco della stanza comparve parte della decorazione sottostante fatta di caratteri arabi poggianti su un intonaco a tinteggiatura blu cobalto.
La curiosità portò i padroni della casa, i giornalisti Valeria Giarrusso e Giuseppe Cadili, ad interessare esperti per un controllo più accurato come il radiologo dell’UNESCO Giuseppe Salerno che effettuò una tac, studiosi dell’Istituto di Lingue orientali e asiatiche dell’Università di Bonn come Sarjoun Karam, arabista, poeta e docente di Arabo, Chiara Riminucci-Heine, archeologa e iranista, Sebastian Heine, iranista e specialista in lingue orientali.
I ritrovamenti si sono via via susseguiti venendo alla luce disegni e scritte in arabo, in oro e argento, sia sulle pareti che sulla volta, disegni di lucerne, scritte particolari per grandezza, che richiamano i tughra, tipici sigilli dei sultani ottomani, e tutta una serie di simbologie del mondo musulmano, dal profondo significato spirituale, che richiamano sia le massime del profeta Maometto, sia il cinque per indicare i cinque pilastri su cui si fonda l’Islam (la professione di fede, la preghiera, il digiuno, le donazioni, il pellegrinaggio alla Mecca), e le cinque preghiere quotidiane di un musulmano.
Tutto ciò ha portato gli esperti a pensare che il committente della abitazione poteva essere una persona vicino alla cerchia dell’arabista Michele Amari e che il proprietario poteva essere un personaggio di spicco dell’epoca come Stefano Sammartino, duca di Montalbo, Ministro delle Finanze e Capo della Polizia Borbonica.
Foto: Terradamare