Riti preistorici, maschere dionisiache di legno scuro legate al viso con cinghie in cuoio coperte da pelli di pecora nera e danze dei campanacci sono i segni di una cultura agropastorale nuragica che danno originalità folcloristica e culturale al Carnevale Barbaricino.
La Barbagia, zona montuosa della Sardegna centrale, si estende su un’area che va dal Supramonte e dal nuorese fino a Bitti, comprende il massiccio del Gennargentu e dell’Ogliastra.
Nei comuni della Barbagia come Mamoiada, Orotelli, Ottana, Fonni, Olzai, Ovodda, Lula, le tradizioni Carnevalesche si basano su riti antichi rimasti immutati nel tempo, caratterizzati da maschere inquietanti e da personaggi grotteschi che si muovono tra la folla portando scompiglio e, al tempo stesso, allegria.
Nei numerosi paesi che contraddistinguono la Barbagia continua a persistere nella popolazione l’atavico valore di una tradizione arcaica per quei riti e manifestazioni che si conservano intatti ancora oggi e che ne fanno un unicum folcloristico e culturale.
A Mamoiada centro agricolo e pastorale posto a 18 chilometri da Nuoro, paese circondato da foreste di querce e castagni ma anche ricco di menhir e resti di interesse archeologico, il Carnevale diventa per le maschere ed i suoi riti l’emblema di questa cultura agropastorale.
I Mamuthones, personaggi mascherati coperti da pelli di pecora nera e con addosso 40 campanacci di varie dimensioni, rappresentano l’attrattiva principale e senza dubbio l’espressione visibile di quel rapporto uomo-animale, tipico di tutti i carnevali barbaricini, che trova nelle maschere grottesche il segno della paura e la conseguente liberazione di quella tensione e paura.
Le maschere dei Mamuthones sono tradizionalmente dodici, come per i mesi dell’anno, e si avviano con passo di danza zoppicante e rumoroso a svolgere l’antico rito dionisiaco della morte e della rinascita della stagione agricola.
Accanto ai Mamuthones troviamo, agili, briosi e vittoriosi gli Issohadores vestiti con giubbe rosse di foggia femminile, pantaloni bianchi, bottoni in oro, berretto nero, campanelli e maschere bianche, che con una fune di giunco catturano le giovani donne in segno di buon auspicio per una buona salute e fertilità.
A Orotelli le maschere tipiche sono i Sos Thurpos (gli storpi) che vanno a legare varie figure come il Sos Thurpu Voinarzu (il contadino), Sos Thurpos Boes (i buoi), Sos Thurpu Vrailarzu (fabbro che ferra i buoi).
A Ottana le maschere prendono il nome di Sos Merdùles (i contadini), Sos Boes (buoi), Sos Porcos (maiali), Sos Molentes (asini), Sos Cherbu (cervo), Sos Crappolu (capriolo)
A Fonni le maschere sono S’Urthu (l’orso) tenuto a bada dai Sos Battudos, e le Mascaras Limpias rappresentanti la bellezza e l’eleganza.
A Lula la maschera tipica è Su Battileddu (la vittima). A Olzai troviamo i Sos Murronarzos (personaggi con musi di porco o cinghiale), Sos Intinos (uomini vestiti da donne a lutto per la morte del Carnevale), i Sos Maimones (mezzi uomini e mezze donne).
A Ovodda protagonista è il fantoccio di don Conte, un pupazzo ridicolo fatto di sugheri e stracci e adornato di pelli e ortaggi.
Foto: Sardegnainfesta.com