Tra i mercati storici di origine araba esistenti a Palermo quello di Ballarò costituisce il più antico ed il più grande della città.
Piazza Ballarò dove diparte il mercato viene descritta, da Gaspare Palermo in una sua guida del 1800, come “una piazza di grascia nel quartiere dell’Albergheria, di forma bislunga e non molto larga, il cui pavimento lastricato di larghe selci”.
Piazza di Grascia, cioè piazza dei bottegai di alimentari, vicino alla Chiesa dei Padri Carmelitani diventa così sintesi e luogo di affari per artigiani e commercianti.
Il mercato di Ballarò, come tutti i mercati rionali, oltre ad essere un luogo di scambi e di smercio di qualsiasi prodotto, da quelli ortofrutticoli a quelli della cucina tradizionale siciliana e a tanti altri generi come la carne, tessuti, calzature, vestiario, prodotti di uso domestico e piatti tradizionali siciliani, costituisce il luogo dove si fonda tradizione, storia locale e cultura popolare.
Esso trae origine al tempo della dominazione araba in Sicilia ma la sua configurazione urbanistica risale alla seconda metà del XV secolo.
Sull’origine del nome “Ballarò” diverse sono le ipotesi: alcuni lo fanno risalire alle antiche merci dei mercanti arabi che vivevano nel villaggio agricolo di “Balhara” situato presso Monreale, altri pensano che derivi dal titolo dei sovrani della regione indiana del Sind “Vallaraya” dove provenivano le spezie che si vendevano al mercato, altri invece ritengono che il nome derivi dall’arabo “segel-ballareth” che significa sede di fiera.
Attualmente il mercato si dirama all’interno del quartiere popolare dell’Albergheria da Piazza Casa Professa ai bastioni di corso Tukory verso porta Sant’Agata.
E qui, come in tutti i mercati storici di Palermo, si può fare uno spuntino degustando le prelibatezze della cucina street food di Palermo come le crocchette di riso ripiene, le frittelle di ceci, il pane cà meusa, lo sfincione, e tanto altro.
L’interno è un vociare variopinto di voci colorite che i vari ambulanti fraseggiano per attirare la clientela ed invogliarla all’acquisto dei numerosi prodotti che vengono esposti nelle pittoresche bancarelle del mercato. Una cantilena chiamata “abbanniata” nel dialetto palermitano.