Riflessione su illogicità politica, economica e storica di un disegno strategico irrazionale che il Presidente Putin ha portato avanti dal 1999 fino ad oggi per imporre al mondo un’ideologia obsoleta ed irrazionale in rapporto ad un contesto mondiale globalizzato in cui a legittimare il potere di una comunità statale è l’economia, la cultura, il buon senso democratico del governo che significa al tempo stesso rispetto dell’uomo e dei suoi diritti.
Il 24 febbraio 2022 il Presidente della Russia Vladimir Putin, dopo aver ammassato ingenti truppe e mezzi ai confini dell’Ucraina, ha dato avvio al suo piano strategico di ricostruzione dell’antica Unione Sovietica.
Una follia espansionistica ed una logica funesta contraria sia agli accordi internazionali sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite che prevedono il divieto della forza in assenza di un controllo effettivo di uno stato, sia al sistema geopolitico mondiale che invece focalizza l’attenzione sulla libera economia e sulle organizzazioni sovranazionali, frutto di alleanze, che decidono dove devono andare le merci, i servizi, il capitale e la conoscenza in generale.
Quindi una logica che si muove in modo diverso e contrario al criterio con cui il Cremlino pensa di attirare influenze allargando il suo potere con la forza sui governi che nel periodo passato formavano l’Unione Sovietica. Questi governi oltre a rendersi in modo democratico indipendenti, hanno pregustato quel senso di libertà e di dignità umana che il regime autocratico del Cremlino, per ideologia e stile di governo, ha negato e continua a farlo.
Le popolazioni che rientrano sotto l’influenza di Mosca, infatti, oltre a perdere la libertà e quei valori individuali come la proprietà privata, l’indipendenza di pensiero e di espressione, sono oppressi nei fondamentali della dignità umana e di rispetto per il prossimo, ritrovandosi invece soggetti al libero arbitrio del potere centrale e soprattutto vincolati a quel pensiero, volontà e decisione che non sono le sue.
In Russia infatti non esistono forme di libere espressioni, opinioni o giudizi che si muovono su canali diversi da quelli voluti dal governo centrale. Quello che va al di fuori viene represso e punito come è successo per Alexei Navalny, leader dell’opposizione, che ha subito una serie di soprusi e vicissitudini giudiziarie fuori dal comune e che mettono in evidenza l’assenza di qualsiasi forma di garanzia giuridica e politica da parte di chi si oppone al potere centrale.
Contro tutto questo il popolo ucraino si è opposto e continua a farlo mettendo in campo un’opposizione militare che, pur inferiore in termini di uomini e di mezzi rispetto a quella dei russi, ha dimostrato più incisività, convinzione, organizzazione e vitalità, con cui è riuscita a contrastare l’avanzata militare dei russi.
Quindi uno scontro di civiltà e di umanità che sta causando un disastro sociale nella popolazione ucraina costretta a sradicarsi dal proprio territorio e ricercare conforto e sostegno sanitario, alimentare, psicologico ed economico all’estero.
Scontro di civiltà che diventa, anche sul lato economico, iniquo e disumano. Il sistema messo in piedi da Putin dimostra crepe e paurose disuguaglianze che dimostrano illogicità ed irrazionalità del sistema sia per la disparità di trattamento all’interno del mondo del lavoro sia infine per le disuguaglianze sociali che è riuscito a creare nella società sovietica tra la classe dei suoi oligarchi, spropositatamente ricchi, ed il popolo costretto a vivere con un reddito medio per lavoratore che si aggira intorno ai 200 euro pro capite.
Sotto l’aspetto politico l’attuale governo di Putin risulta formato da tecnocrati che sono espressione di fiducia del potere centrale il quale, a sua volta, diventa espressione della volontà di Putin che a sua volta risulta legato, mano e piedi, ai servizi dell’FSB (ex KGB).
Il convincimento di Putin all’inizio del conflitto era di ripercorrere la tecnica utilizzata nel 2014 con la Crimea e cioè a dire la sottomissione del potere locale al potere di Putin attraverso la presenza dell’armata sovietica che ha fatto da spauracchio ai governanti locali. In questo modo Putin ha avallato l’elezione di un presidente di suo gradimento al governo della Crimea.
Tutto ciò in Ucraina non è successo e Putin è stato costretto a confrontarsi con una guerriglia partigiana motivata ideologicamente e supportata da un occidente che. contrariamente alle aspettative pre-belliche, si è dimostrato più coeso e determinato nelle sue decisioni.
Le conseguenze sono il programma di sanzioni economiche che l’Europa e gli Stati Uniti hanno approvato, il rafforzamento del legame fra l’area Europea e quella Americana, l’unità politica e militare dell’Unione Europea.
Di riscontro la Russia ha avviato un processo di distruzione delle città ucraine bombardando ospedali, scuole, teatri, palestre con migliaia di perdite umane tra cui donne e bambini.
Di tutto questo si sono occupati le varie piattaforme dei social da Instagramm a Telegram, da Facebook a Twitter postando notizie, filmati, profili vari e aggiornamenti sui bombardamenti, con il risultato di aver ottenuto milioni di followers e di accessi ma soprattutto di rendere ragione ad una lotta partigiana che rivendica umanità, dignità, rispetto e significatività politica contro un’opposizione che risulta invece intrisa di crudeltà, irrazionalità di governo, autoritarismo criminale.
Certamente è possibile che il conflitto possa allargarsi ma di certo la storia sa che la cultura dei diritti non può diventare un optional per le nazioni, anzi deve trovare nei programmi scolastici e nella coscienza dei popoli una fiamma sempre viva e vitale capace di allontanare il più possibile il dramma che la violazione dei diritti individuali, comunitari, etnici e religiosi può causare, portando a svilimento il valore ed il sentimento di pace e di serenità che ogni popolo invece dovrebbe costantemente perseguire.