Dante e Venezia sono oggi, nel giorno dell’anniversario della morte per Dante e della fondazione per Venezia il simbolo di un ricordo ma anche quello della riflessione per ritrovare in noi stessi il senso di comunità e di fiducia per una prospettiva di libertà e di benessere.
Sono questi infatti i due momenti per avviare, attraverso il ricordo, il bisogno di celebrare il passato e il futuro dell’Italia nella sua struttura sociale, nel suo rapporto con il potere, nelle sue libertà politiche, nei suoi modelli di vita anche in correlazione alle contingenze economico-produttive del paese.
Una visione di speranza e di alterigia concettuale capace di guardare la realtà con occhi diversi per ristabilire un approccio di correttezza, di moralità, di onestà concettuale e di fiducia più vera e non già strumentale al consenso da parte di chi è stato delegato attraverso la scelta democratica del voto a gestire i bisogni della comunità.
Il mascheramento del nulla che quasi giornalmente viene propinato dal potere sfruttando le “miserie umane”, l’ignoranza e la paura della popolazione dovrà far parte di un retaggio del passato e lasciare il posto invece ad una nuova presa di coscienza sociale fatta di solidarietà, comprensione ed amore reciproco.
Due messaggi, unità e bellezza, che arrivano da lontano e che trovano in queste due ricorrenze, proprio all’interno di un contesto di restrizioni, paure, difficoltà economiche e sociali, quella stessa prospettiva di visione progettuale vera e credibile di sviluppo autenticamente umano capace di diventare speranza, pensiero e guida di fede profetica rivolta a superare questo momento difficile.
Dante Alighieri che ha intuito e propugnato il nesso di unione tra attività intellettuale e struttura del potere si pone, all’interno di una Firenze in piena espansione economica, censore di costumi e di cupidigia attraverso due canzoni: Le dolci rime d’amor con cui individua nella virtù la bontà dell’animo umano e la predisposizione a far del bene e poi quella di Poscia ch’amor con cui propone la rinascita della leggiadria come virtù e valore da esaltare a livello individuale e pubblico.
Insomma un Dante che ora come allora si propone come moralista ed ammonitore per una politica più giusta, più corretta, moralmente capace di incidere in modo positivo sui rapporti ed i valori di una data comunità.
Quindi un Dante attuale che guarda all’unità dell’Italia, anche in periodo difficile come quello della pandemia da Covid-19, e ad un’economia di mercato più capace di dare spazio e valore sociale ad ogni iniziativa capace di dare prospettiva ad un futuro più prospero e più coeso.
Venezia una città mito per la sua forma, per i suoi ghirigori, per i suoi marmi, per i suoi palazzi adagiati sul mare, per i suoi canali in cui scivolano le gondole ma anche una città che, pur nella sua fragilità e nella sua vulnerabilità per i rischi idrogeologici causati dal surriscaldamento climatico guarda alla sua vivibilità ed al suo adattamento al cambiamento climatico attraverso procedure avveniristiche di difesa lagunare dalle mareggiate, come il MOSE, o di applicazione di tecnologie capaci di conservare il patrimonio culturale e territoriale della città.
La ricorrenza dei 1600 anni dalla sua fondazione sarà per Venezia quindi il momento per riflettere sulla sua fluttuazione all’interno di un contesto territoriale dove tutto è mobile, dove tutto può essere danneggiato.
Gli studi, le strategie d’intervento devono così trovare specificità territoriale e contestuale al ricco patrimonio da tutelare.
Venezia diventa così l’avamposto tecnologico e culturale di un futuro che è ormai prossimo che dovrà porsi in equilibrio tra bellezza ed economia, tra vivibilità e qualità di vita urbana.
Queste due ricorrenze diventano così i due proponimenti di vita che, partendo dal passato, guardano al futuro con vivacità culturale, tecnologica e socio economica, ponendosi come sfida e baluardo per una società più solidale e più umana ma anche per formare un contesto urbanistico sempre più bello per vivibilità, arte, cultura e socializzazione.